“Sto bene così” o “Ma io non ci riesco”: frasi spesso accostate ad abitudini non salutari, come per esempio il fumo o il non riuscire a smettere di mangiare dolci alle ore più disparate, che nascondono un blocco.
Sono vostre abitudini, potete cambiarle tutte perché appunto sono vostre e il corpo è -quasi del tutto – al servizio della vostra mente. Ci vuole consapevolezza della problematica e del percorso da intraprendere, poi la forza di volontà vi spingerà (corteccia pre-frontale) e badate, se volete davvero qualcosa, la forza di volontà può fare tutto.
Quindi non è impossibile: è il vostro modo di porvi che fa la differenza tra il fare e non fare.
Qui entra in gioco il “blocco psicologico”.
Il cervello è fantastico e cerca di proteggerci in qualunque modo – talvolta privandoci di qualcosa che potrebbe farci stare meglio.
A furia di abusare di frasi come “io non ci riesco”, ci si auto-convince di non essere abbastanza per fare quella determinata attività; il tutto così si cronicizza in un blocco.
Vi faccio un mio esempio.
L’anno scorso ho avuto un infortunio alla caviglia, da lì lo ho provato a correre una o due volte e sentivo sempre un dolorino, quindi smettevo subito l’attività dopo pochi passi. Ho così sempre evitato di correre per paura di farmi male: era una scusa, perché in questi mesi la mia caviglia non è né migliorata né peggiorata rispetto ai primi tentativi di corsa, ma ieri ho deciso che avrei provato a fare 1 km, non curandomi del dolorino. Risultato: ho fatto 5 km di corsa, senza peggioramento dei dolori.
Cos’è cambiato tra ieri e le prime corsette post infortunio?
L’atteggiamento mentale: non mi sono concentrato sul possibile dolore della corsa ma sul fatto che ce la stavo facendo a correre.
I Blocchi mentali derivano da semplici inibizioni, da paure di soffrire. Il cervello non è in grado di sviluppare una determinata linea di pensiero, e mette in atto tutta una serie di comportamenti di difesa-autosabotaggio che ci allontanano dai nostri obiettivi.
Le principali cause sono:
- Dolore;
- Inesperienza;
- Sfiducia nelle proprie abilità.
Per evitare di ricadere nel dolore già provato, nel dolore del fallimento per inesperienza o sfiducia nelle proprie abilità, il cervello si rintana nel suo equilibrio dicendo: “sto bene così-non fa per me”.
La paura del dolore, questa associazione dolore-attività ci fa inconsciamente tirare indietro.
Questa associazione con la paura del dolore vale per quasi ogni cosa, infatti non proveremo:
- ad iniziare una nuova dieta dopo che una vecchia ha fallito;
- a scalare una montagna per la stanchezza che proveremo durante la scalata;
- a fare un esame orale dopo che un prof ci ha bocciato mille volte;
- a chiedere di uscire con una ragazza per paura del celeberrimo due di picche – questo è più difficile da ammettere per l’orgoglio dei maschietti, ma è sempre così.

Consapevolezza
La consapevolezza è la base di ogni cambiamento.
Quante persone avete sentito scherzare tranquillamente sulla glicemia un po’ alta al posto di prendere seriamente in considerazione il rischio di diabete?
Il cervello è bravo anche ad autoconvicersi che il problema c’è, ma che noi siamo l’eccezione che conferma la regola- come i medici che fumano.
Scrivete da qualche parte delle attività che vorreste eliminare perché sentite che non vi fanno a pieno star bene(se non lo pensate ve lo dico io: fumare, non fare sport, stare ore e ore al telefono, ubriacarvi sistematicamente ogni weekend, rientrano tra queste.)
Il solo scriverle vi mette faccia a faccia con questi vostri “avversari”: è un duello per la vostra salute psico-fisico-relazionale che già era presente inconsapevolmente in voi, ma ora lo avete dichiarato apertamente. Tirarsi indietro vuol dire che nonostante abbiate tutti gli strumenti per abbattere i vostri blocchi avete paura della vostra ombra(o che siete dei felloni, per dirla in stile medievale).
Provate a cercare nel vostro passato, quando avete superato situazioni per cui non credevate di essere pronti o di cui avevate paura: trovate i punti di similitudine tra questo blocco e quello che avete già superato.
Soluzioni

Il nostro cervello associa dolore ad alcune attività? Bene, la soluzione è semplice, ma non facile-: associare emozioni positive a queste attività “dolorose”.
Bisogna procedere a piccoli passi: non guardare al problema nella sua interezza, ma scomporlo in piccole attività che prese singolarmente risultano facili.
Così, riprendendo gli esempi sopra:
- cambiare un pasto alla volta al posto di cambiare completamente l’alimentazione, o provare la nuova dieta solo nei giorni pari;
- focalizzarsi su un sentiero alla volta e non sull’intera montagna;
- assistere ad ogni esame che il prof fa ci farà abituare a lui, pian piano saremo a nostro agio a sentire la sua voce tonante e l’esame andrà bene – se avrete studiato;
- Cosa vi piace di quella ragazza? Associate l’uscita con lei a questo, non al fatto che possa rifiutarvi e chiedetele di uscire; inoltre procedete per piccoli passi: quando la vedete incominciate una volta a salutarla, una volta a scambiarci due parole e quando vi sarà più familiare rapportarvi con lei non avrete paura a chiederle di uscire.
Pensate a saltare un ostacolo alla volta, non all’intera corsa ad ostacoli.