Spesso e volentieri, gran parte delle persone che cercano di risolvere un qualunque problema – senza successo – ripetono le stesse azioni che le hanno condotte al fallimento precedentemente, speranzose che quella volta qualcosa cambi.
“We can’t solve problems by using the same kind of thinking we used when we created them.
Albert Einstein
Parafrasando Einstein, per affrontare un problema che non riusciamo a risolvere non possiamo pensare di rimanere nell’ambito del problema stesso.
Per risolvere un problema che non riusciamo ad affrontare bisogna andare “oltre” al nostro solito modo di pensare/affrontare una data situazione. E’ il celeberrimo “errare humanum est, perseverare autem diabolicum” di autore sconosciuto e che tramanda la saggezza popolare. Perché allora vediamo gran parte del genere umano ripetere le stesse cose senza successo?
Perché è più facile nascondersi dietro una bugia che guardare in faccia la verità: perché la verità richiederà più impegno per essere “cambiata”.
Nel mondo del fitness e delle diete fallimentari la persona media che ha fatto “mille diete e poi ha ripreso peso”, inizia l’ennesima dieta uguale a prima sperando succeda qualche miracolo. Questo perché accade?
Perché alle abitudini ci si “abitua”, diventano parte integrante della nostra routine.
Probabilmente il problema è altrove, spesso e volentieri nello stile di vita: tutto questo la persona lo sa, ma è più facile raccontare ad una tavola di amici “che sono ancora per l’ennesima volta a dieta”, mentre tutti attorno sorridono, piuttosto che cambiare le proprie abitudini.
La persona in questi casi magari va dall’esperto della salute di turno e questi le dice che “deve” inserire attività fisica per dimagrire. La persona torna a casa e pensa “ma io non ho tempo!”.
E la persona ha oggettivamente ragione, la sua routine è piena di cose da fare e non ha tempo per inserire attività fisica, come non avrebbe tempo per inserire, per dirne una, un torneo di carte prima di cena.
Il problema è proprio qui: la persona ragiona e affronta il problema “devo inserire una mezz’ora di attività fisica”, stando all’interno della sua routine, del “problema”.
L’esperto della salute avrebbe dovuto sottolineare che la routine deve essere cambiata, che così non va bene, e che quindi bisogna togliere mezz’ora di qualcosa per poter dare spazio a quei trenta minuti di attività fisica.
I consigli, per quanto buoni, devono tenere conto di questo e devono chiarire che la persona deve togliere tempo a qualcosa per darlo a questa attività che nella routine ci deve stare per la salute (e magari aiutare la persona a trovare quale attività).
Questo è fare “coaching”(di qualunque tipo, sia chiaro, non solo nutrizionale), portare la persona ad andare “oltre” al suo normale modo di affrontare effettivamente i problemi, fornire lei dei consigli, ascoltare i suoi feedback e trovare soluzioni migliori.
Comincio l’articolo con una vicenda accaduta ieri in palestra: un ragazzo dice al trainer(Marco- se mi leggi ti saluto) di non essere molto stabile e che quindi far esercizi in monopodalica gli riesce male e vorrebbe evitarli.
Marco gli ha detto che proprio perché non è molto stabile che dovrebbe farli.
Marco ha perfettamente ragione, perché la stabilità è il punto carente di quel ragazzo e migliorarla avrà un “transfer” positivo maggiore di qualunque altro esercizio che quel ragazzo possa fare.
Che si parli di alimentazione, allenamento o della vostra vita in generale il punto che notate esser carente è la vostra migliore chiave di miglioramento.
Ricordiamo poi che qui si tratta di fitness e salute a 360°, quindi sappiamo bene che un miglioramento su una delle “sfere” che influenzano la salute crea effetti positivi a cascata sulle altre.
Un esempio potrebbe essere il sonno(spesso trascurato): se una persona con l’obiettivo di dimagrire mi si presentasse in studio con le occhiaie e riscontrassi un deficit di sonno, non andrei a cercare di farle fare 4 allenamenti a settimana con la dieta “perfetta”, ma andrei a cercare di migliorarle il sonno per farla dimagrire.
Il corpo è un ‘unicum’, dalla psiche ai segnali dall’esterno tutto è collegato e trovare il punto carente della vostra salute è il modo più semplice per avere risultati.
Efficienza ed efficacia in un solo punto, un solo passo, anche se spesso è il più difficile.
Lo sport è di importanza fondamentale per bruciar le calori…NO, per tenere il tessuto muscolare attivo ed in salute.
Quando diamo nutrienti al nostro corpo il sangue li trasporta verso i tessuti per sfamarli: cervello, fegato, rene, muscolo per dirne alcuni, poi, ciò che è in eccesso, viene mandato al tessuto adiposo per essere convertito/stoccato negli adipociti(cellule del grasso). Il cervello, fegato e rene hanno pressoché lo stesso dispendio anche al variare dell’intensità di lavoro; ciò che quindi può non far finire i nutrienti ingeriti nel tessuto adiposo: è il tessuto muscolare. Il tessuto muscolare ed il tessuto adiposo sono in competizione continua per i nutrienti: in assenza di stimoli esterni, come l’allenamento per esempio, i due tessuti se li dividono più o meno equamente in base alla vostra sensibilità insulinica.
Il tessuto muscolare ha una grandissima capacità di aumentare il suo dispendio energetico durante l’attività fisica e questo fa sì che vada a svuotare le sue riserve energetiche(di carboidrati) e che sia più recettivo verso i nutrienti nelle ore(a diminuire nel tempo, ma anche oltre le 24 ore) successive l’allenamento rispetto al tessuto adiposo. Quindi, consiglio veloce: se nelle ore dopo un allenamento mangiate 100g di pasta è molto facile che i nutrienti lì contenuti vadano al muscolo e non al grasso, se invece la stessa quantità la mangiate senza allenarvi avrete più possibilità che i nutrienti si dividano tra muscolo e grasso.
Inoltre, un tessuto muscolare attivo ed in salute(giusto apporto proteico, ottimale riposo e recupero) sarà sempre più recettivo ai nutrienti rispetto al grasso. Quindi, consiglio veloce: se vi allenate BENE 2-3 volte a settimana, costantemente negli anni, il muscolo sarà sempre attivo ed in salute, questo andrà a veicolare meglio i nutrienti, non solo dopo l’allenamento, ma anche a riposo. E questo significa che il vostro fisico migliorerà nel tempo insieme alla vostra salute, aiutandovi a mantenere la glicemia più bassa, i trigliceridi più bassi ed il colesterolo nella norma.
Non finisce qui: il tessuto muscolare migliora anche l’infiammazione, questo significa ancora una migliore sensibilità del muscolo ai nutrienti, ma soprattutto una riduzione del danno vascolare che inevitabilmente crea questa problematica. L’infiammazione è un fenomeno che produciamo di base per il fatto stesso che viviamo, ma che è incentivata da uno stile di vita scorretto, dal sovrappeso e dall’inquinamento/fumo e, tra le tante, peggiora la pressione arteriosa in due vie: promuovendo l’aterosclerosi e peggiorando la capacità dei vasi sanguigni di dilatarsi (meno ossido nitrico). Il tessuto muscolare promuove la capillarizzazione, migliora la capacità dei vasi sanguigni di produrre ossido nitrico e riduce l’infiammazione tramite la produzione di interleuchina Il-6, andando a migliorare quindi anche la pressione arteriosa.
Lo sport non è una tortura a cui sottoporsi per bruciare calorie, è una delle cose più importanti per la salute e forma fisica – a patto che sia svolto correttamente.
La cellulite è un inestetismo della pelle di natura benigna, non crea infatti alterazioni tali da causare malattie vere e proprie.
Nello specifico si tratta di una modificazione della struttura del derma per alterazioni a livello del tessuto adiposo e del microcircolo(circolazione a livello dei capillari), la cui causa è multi fattoriale.
Qui vedete a sinistra una pelle senza cellulite e a destra con la cellulite.
Come faccio a capire se ho la cellulite?
Prima di parlare della cara fisiologia, tentiamo di capire come si manifesta la cellulite.
Osservando le zone in cui si accumula grasso più facilmente potreste notare:
Pelle non liscia, tendenza ad essere “a buccia d’arancia”;
Colore violaceo;
Cute fredda;
Dolore se pizzicata.
Se avete tutti questi segni avete la cellulite.
La cellulite viene solitamente distinta in 4 stadi:
0 = assenza di segni di cellulite;
1 = la pelle affetta risulta liscia, ma compaiono segni di cellulite pinzando la pelle o contraendo i muscoli;
2 = le introflessioni della cellulite sono presenti e visibili anche senza sollecitare la pelle;
3 = presenza delle alterazioni dello stadio 2 in maggior numero e su un’area più estesa, accompagnate dalla presenza di noduli.
Come si crea la cellulite?
Ritenzione idrica(edema). E’ l’accumulo di liquidi nell’interstizio, la zona che si trova tra tessuti e sangue, causato da alterazione della permeabilità dei vasi sanguigni. Il ritorno di sangue dalle gambe al cuore è difficile di per sè; se a questo aggiungiamo la presenza di estrogeni, gli ormoni femminili, e l’infiammazione, magari causata da abuso di cardio, abbiamo il pacchetto completo per avere la ritenzione idrica. Ci ho fatto un articolo a riguardo. In questa fase non c’è una vera presenza di cellulite, infatti è completamente reversibile. Il perdurare di questa condizione però crea i primi cambiamenti tissutali che faciliteranno la formazione della cellulite.
Cellulite-fibrosi. Attorno agli adipociti, le cellule del grasso, si creano piccoli noduli fatti da fibre di collagene e tessuto connettivo. Questa alterazione va a creare tutti i segni che abbiamo sopra elencato, rigidità nella pelle, dolore al tatto, cute fredda per compromissione della circolazione e colore violaceo.
Sclerosi. Il peggioramento dello stadio 3 fa si che i micronoduli creatisi si uniscano in macronoduli, peggiorando i segni tipici della cellulite e facilitando accumulo di acqua, riduzione della circolazione e peggioramento della cellulite.
Perché si crea la cellulite?
Gli estrogeni, gli ormoni femminili, sono il primum movens della cellulite. Una donna, producendo molti estrogeni, ha un rischio più alto degli uomini di sviluppare cellulite.
Ad un aumento del numero delle cellule del grasso sottocutaneo localizzate nella zona delle cosce/fianchi corrisponde un aumento delle lesioni della cellulite; inoltre l’aumento del volume delle stesse crea quell’aspetto a buchi tipico della cellulite.
Le cause della cellulite possono essere numerose, ad esempio:
squilibri ormonali
infiammazione
cattiva circolazione
iper-permeabilità dei capillari
scarso apporto proteico
scarsa massa muscolare
non recupero dall’allenamento o eccesso dello stesso
alterazioni della matrice extracellulare o interstiziale
La cellulite è un sintomo di diverse problematiche:
Può essere un lipolinfedema – un accumulo eccessivo di grasso nel tessuto sottocutaneo dai glutei fino anche alle cavigliedovuto alla stasi di linfa contenente un’alta concentrazione proteica e soluti, è causata da alterazioni del sistema linfatico. Si accumula liquido nell’interstizio che crea alta pressione nello stesso, la quale comprime i vasi sanguigni e compromette la circolazione.
Un disordine metabolico ed endocrino che può essere o meno associato grasso localizzato e lipodistrofia con un’alterazione tissutale a livello della matrice interstiziale e del tessuto connettivo.
Ritenzione idrica(edema) non trattato per un lungo periodo.
Cellulite, ritorno venoso e capillari
Ne ho parlato ampiamente negli articoli sulla ritenzione idrica , ne parlerò qui solo brevemente.
Il ritorno di sangue dagli arti inferiori è più difficile perché contro gravità, mentre per esempio dal capo verso il cuore è più semplice perché segue la forza di gravita. I fattori che aiutano il ritorno venoso sono la corretta dilatazione della cassa toracica dalla respirazione diaframmatica e la pompa muscolare a livello del polpaccio che contraendosi spinge il sangue verso il cuore.
Non è un caso infatti notare che una buona parte delle donne che soffre di queste problematiche respiri male(di petto e non di pancia-diaframma) e passi gran parte della settimana seduta alla scrivania,- dove il polpaccio quindi non può espletare la sua funzione di pompa.
Tutto questo fa quindi rimanere il sangue, che è composto in gran parte di acqua, più a lungo nelle gambe; questo “ristagno” fa si che i liquidi passino più facilmente dal sangue ai tessuti circostanti(interstizio): creando ritenzione idrica.
Inoltre, a questo, si aggiunge anche la permeabilità capillare, che se alterata aumenta il passaggio di liquidi dal sangue all’interstizio e tutto questo danneggia i vasi sanguigni di basso calibro ed incrementa l’edema da ritenzione idrica.
Questa condizione si definisce appunto “edema”, non è di per sé una patologia, è semplice ritenzione idrica che si può migliorare con un adeguato piano di allenamento e nutrizione ma, se non curato e abbinato a predisposizione individuale, può sfociare in cellulite.
Matrice extracellulare
Un’alterazione della matrice cellulare può portare alla formazione di cellulite – ne è anzi la prima causa.
La matrice è un compartimento corporeo che contiene liquidi fuori dalle cellule: contiene il sangue ed il liquido interstiziale. Il sangue scambia i nutrienti col liquido interstiziale e quest’ultimo li scambia con le cellule.
Se il liquido intersitiziale viene compromesso a livello di composizione crea problematiche, tra cui la cellulite.
Il tessuto connettivo è parte della matrice extracellulare, formato dalle diverse tipologie di cellule immerse nella stessa, tra i quali ci sono i fibroblasti. Il sistema connettivo ha innumerevoli funzioni che coinvolgono tra l’altro il sistema immunitario, nervoso e circolatorio.
L’alterazione della matrice extracellulare e del tessuto connettivo è la principale causa della cellulite e segue queste fasi:
alterazioni delle reazioni metaboliche nella matrice extracellulare: aumento dell’acidità tissutale, cambiamenti nelle reazioni di ossidoriduzione, rallentamento del flusso sanguigno nelle arteriole, alterazioni delle componenti strutturali del connettivo.
aumento di acqua libera
alterazione circolo venoso e linfatico
sviluppo differenti tipologie di edema e altri fenomeni degenerativi
fibrosi tissutale e degenerazione del connettivo
Conclusioni su come si forma la cellulite
Le cause della cellulite sono di varia natura e si possono ricercare sia in fattori genetici ereditari (razza bianca, sesso femminile e familiarità), sia in fattori legati al nostro stile di vita. Come già detto, la cellulite si accompagna ad un notevole accumulo di liquidi e di tossine provenienti dai processi metabolici. La linfa è addetta alla rimozione di questi prodotti dall’organismo; a differenza della circolazione sanguigna, lo scorrimento attraverso i vasi di cui è composta è stimolato dalle contrazioni muscolari, quindi una mancanza di movimento determina un’inefficiente funzionalità della circolazione linfatica. La ritenzione idrica è causata dall’azione di ormoni quali gli estrogeni, che caratterizzano i caratteri femminili; essi sono una delle cause di sofferenze circolatorie, non a caso nel periodo premestruale si nota un aumento di acqua nei tessuti. Nella conformazione ginoide, detta a pera, di alcuni soggetti femminili, possiamo riscontrare come tale inestetismo sia localizzato nella parte bassa del corpo, tra fianchi e ginocchia. Fattori aggravanti della comparsa ed avanzamento della cellulite possono essere considerati comportamentali e riguardano abitudini, stile di vita ed alimentazione. Una vita sedentaria e la mancanza di esercizio fisico comportano la perdita di tessuto muscolare che nel lungi periodo causa sovrappeso con aumento della cellulite visibile. Occorrerebbe dedicarsi quindi costantemente all’attività fisica per mantenere un buono stato di salute con una buona circolazione e muscolatura, oltre ad un metabolismo veloce.
L’alimentazione non corretta aumenta la ritenzione, il sovrappeso e di conseguenza peggiora anche la cellulite. Gli indumenti troppo stretti e/o posture scorrette (gambe accavallate, stare molto tempo in piedi) alterano la normale circolazione per compressione dei vasi oppure compromettono il ritorno venoso agli arti inferiori (attenzione ai tacchi alti). Fattori di rischio spesso associati sono lo stress ed il fumo, i quali aggravano la situazione. Il fumo ha un’azione vasocostrittrice e aumenta i radicali liberi, mentre lo stress innalza i livelli di cortisolo che aumenta la ritenzione idrica.
Nota: non metto alcuna foto prima-dopo perché reputo errato un percorso nutrizionale che si incentri solo sull’aspetto fisico ed al peso della bilancia: una foto prima-dopo è fuorviante perché porta l’attenzione del lettore solo su questo.
Luca si presenta alla prima visita con l’obiettivo manifesto di perdere peso, tuttavia durante il colloquio si delinea subito l’obiettivo profondo di “stare bene”.
Qui lo “stare bene” è in senso lato: non parliamo solo di salute, ma stare bene con sé stessi, stare bene in relazione agli altri, in particolare non aver frustrazioni riguardo all’alimentazione o all’aspetto fisico.
Luca aveva seguito in passato schemi alimentari proposti da altri esperti di nutrizione, tuttavia avevano fallito; li aveva seguiti e poi, arrivato all’obiettivo di peso, aveva smesso di seguirli. La motivazione di questo non risiede nel fatto che il loro piano alimentare fosse “sbagliato”, piuttosto non sono riusciti a far percepire a Luca il piano proposto come “suo”: era il loro piano per Luca, non il suo piano.
Conscio di questo ho deciso di cercare di comprendere le difficoltà che aveva avuto durante questi piani ed in particolare sul tasto “on-off” della dieta: perché smetteva di seguire la dieta quando si sentiva arrivato?
La risposta è che spesso si guarda alla dieta come una “cosa da fare” per arrivare all’obiettivo: si vuole l’obiettivo, non la dieta – questa è solo una tortura a cui ci si sottopone per arrivarvi.
L’obiettivo che mi pongo come dietista e personal trainer è far “vivere il fitness”, far capire che il percorso di fitness non è una scalata nella montagna purgatorio per arrivare al paradiso: è già il paradiso; certo, un paradiso terrestre, il luogo in cui ci si prende cura dell’anima e del corpo in cui vi risiede.
Fitness è prendersi cura di sé stessi a 360°, non è dover far qualcosa di spiacevole per concedersi dopo qualcosa di piacevole, fitness è trovare le corrette abitudini di vita che ci creino piacere nel farle- e io e Luca abbiamo fatto esattamente questo.
Luca ama lo sport, lui vive per lo sport: ama giocare a calcio, gli piace correre, ora ha iniziato a giocare a padel(un gioco simile a tennis dove il campo è delimitato però da vetri che fanno rimbalzare la palla indietro), guarda ogni sport in televisione, si è iscritto a scienze motorie, e sta frequentando un corso per diventare istruttore di calcio.
Luca è sport, ha solo bisogno di una mano che gli dica di non ossessionarsi sulla dieta, di non guardare solo il peso della bilancia, di non guardare ad un alimento-spazzatura come uno “sgarro”(parola utilizzata spesso, in relazione anche solo ad “un biscotto” non previsto nella dieta) per cui sentirsi in colpa e frustrati.
Abbiamo iniziato a lavorare il due settembre 2020. Ho analizzato la routine giornaliera di Luca, i suoi livelli di stress ed il modo con cui se ne liberava, la qualità del sonno e la nutrizione.
Il fattore su cui era carente era la nutrizione, il cui optimum io definisco con: “La dieta attuale mi soddisfa, mi sazia, mi dona un senso di benessere, non mi fa sentire “a dieta”; riesco inoltre a percepire le vere voglie alimentari(quelle false sono il mangiare per noia o stress) e soddisfarle senza frustrazioni”.
Questo è stato l’obiettivo: trovare un equilibrio dietetico che rendesse Luca soddisfatto nell’alimentarsi, senza frustrazioni o sensi di colpa e, a 6 mesi di distanza circa, trovo questo suo messaggio:
Sono contento dell’obiettivo che abbiamo raggiunto.
Sentirsi in equilibrio e riuscire ad andare avanti da soli: esiste frase migliore per descrivere il percorso del fitness?
Uno “stressor” è qualunque cosa vada ad alterare l’equilibrio di un organismo.
Stressor sono: l’allenamento, la dieta, litigare con il partner, con il capo o dormire male.
Il corpo risponde a questo stressor, inizialmente cercando di resistere, poi, se perdura, attuando meccanismi che lo rendano più efficace nel combatterlo.
Un esempio è l’allenamento: il primo giorno di allenamento avete dolori, il secondo meno, il terzo meno ancora perché il corpo si è adattato.
Guardiamo alle cellule, anzi, ai microorganismi unicellulari: “la vita è uno stress” perché lo stress è alla base dell’evoluzione.
Una cellulina microscopica, ricevuto lo stressor “esposizione all’ossigeno” cercherà di resistervi, cercando di non “soffocare”, se lo stressor ambientale durerà cercherà di diventare più efficiente e sfruttar l’ossigeno e non a vivere in anaerobiosi.
Date per lungo tempo ad un pesce lo stressor “mancanza di acqua/presenza di terra” e potrebbe diventare un rettile, date ad una scimmia l’avanzamento della savana verso la sua foresta abbinato alla mancanza di cibo e lui scenderà dalla pianta, aumenterà forza e volume delle gambe e diventerà un umano.
Il coccodrillo come fa? Sibila o ruggisce.
L’intera evoluzione che porta un organismo unicellulare all’uomo è una reazione allo stress: come potrà essere qualcosa di per sé negativo?
In fisiologia questa visione in bianco e nero (lo stress o “fa bene” o “fa male” per esempio) è quasi sempre errata: è raro infatti un fattore che di per sé faccia sempre male o sempre bene: tutto dipende dalla “dose” applicata allo specifico individuo.
Un esempio sulla dieta.
La signora Pina, con un dispendio calorico di 2000 kcal al giorno, si mette a dieta e decide di togliere 300 kcal dal suo introito alimentare, introducendo quindi 1700 kcal ogni giorno. All’inizio il corpo avverte lo stressor “dieta” ed incomincia ad utilizzare le sue riserve di grasso per colmare il deficit energetico di 300 kcal. Continua per due mesi così e Pina si accorge che il corpo ha smesso di perdere kg.
Cos’è successo?
Il corpo si è adattato allo stressor “dieta”, visto come una minaccia(una sorta di carestia) alla sopravvivenza riducendo il dispendio energetico ed aumentando la fame: ora infatti Pina ha un dispendio giornaliero di 1700 kcal e non più di 2000 kcal.
Posto che Pina voglia dimagrire ulteriormente, ripete il taglio calorico di 300 kcal, andando così ad introdurre 1400 kcal al giorno.
Due o tre mesi più tardi il corpo fa la stessa cosa: si adatta riducendo il dispendio energetico ed aumenta la fame con rischio di perdita di controllo davanti alla dispensa, compaiono inoltre sintomi di sonno alterato, stanchezza giornaliera: Pina è stremata, è entrata nella fase di “esaurimento/burnout” e abbandona la dieta(e sì, se ve lo chiedete, riprenderà tutti i chili persi).
Ecco a voi spiegata la General Adaptation Syndrome, GAS per gli amici: si applica uno stressor al corpo-> il corpo si adatta rendendosi più efficace nel combattere questo stressor.
Cos’è successo?
Il corpo di Pina si è allontanato troppo dalla sua omeostasi(il suo equilibrio) per troppo tempo, il corpo ha risposto inizialmente con una fase detta “allarme”, in cui subisce lo scossone dello stressor, poi si è adattato, con una fase detta “resistenza”, utilizzando le riserve di grasso, ma al perdurare dello stressor non ce l’ha fatta più e si è esaurito e ha fatto abbandonare la dieta.
La soluzione sarebbe stata, durante la fase di “resistenza”, aumentare le calorie da 1700 kcal a 2000 kcal per 1/2 settimane, così da dare un po’ di respiro al corpo al prezzo di qualche chilo ripreso sulla bilancia. Dopo questa risalita il corpo avrebbe potuto più facilmente sopportare una fase di discesa calorica, che inoltre sarebbe stata a 1700 kcal, e non a 1400 kcal, che avrebbe permesso un’ulteriore perdita di peso.
Se volete provare a fare una dieta “fai da te” provate, dopo un mese di ipocalorica, a tornare 1-2 settimane in normocalorica per poi ripetere la cosa.
Certo, questo giochino di salita e discesa calorica allunga la durata e la “sopportabilità” della dieta ed inoltre evita che il corpo si esaurisca, tuttavia non può durare all’infinito: per questo esistono i nutrizionisti.
Qui vedete come il corpo accusa il colpo nella fase di “allarme”, combatte lo stressor adattandosi e, se perdura lo stressor, si esaurisce(affaticamento surrenalico o morte).
Lo stress quindi non è qualcosa di negativo in sé, ma solo l’abbinamento di “troppo stress” a “scarso recupero” porta effetti indesiderati poiché il corpo non ha abbastanza risorse per adattarsi: una condizione chiamata “overreaching” che sfocia, se protratta, in “overtraining”, o meglio, “affaticamento surrenalico”.
“Sto bene così” o “Ma io non ci riesco”: frasi spesso accostate ad abitudini non salutari, come per esempio il fumo o il non riuscire a smettere di mangiare dolci alle ore più disparate, che nascondono un blocco.
Sono vostre abitudini, potete cambiarle tutte perché appunto sono vostre e il corpo è -quasi del tutto – al servizio della vostra mente. Ci vuole consapevolezza della problematica e del percorso da intraprendere, poi la forza di volontà vi spingerà (corteccia pre-frontale) e badate, se volete davvero qualcosa, la forza di volontà può fare tutto.
Quindi non è impossibile: è il vostro modo di porvi che fa la differenza tra il fare e non fare.
Qui entra in gioco il “blocco psicologico”.
Il cervello è fantastico e cerca di proteggerci in qualunque modo – talvolta privandoci di qualcosa che potrebbe farci stare meglio.
A furia di abusare di frasi come “io non ci riesco”, ci si auto-convince di non essere abbastanza per fare quella determinata attività; il tutto così si cronicizza in un blocco.
Vi faccio un mio esempio.
L’anno scorso ho avuto un infortunio alla caviglia, da lì lo ho provato a correre una o due volte e sentivo sempre un dolorino, quindi smettevo subito l’attività dopo pochi passi. Ho così sempre evitato di correre per paura di farmi male: era una scusa, perché in questi mesi la mia caviglia non è né migliorata né peggiorata rispetto ai primi tentativi di corsa, ma ieri ho deciso che avrei provato a fare 1 km, non curandomi del dolorino. Risultato: ho fatto 5 km di corsa, senza peggioramento dei dolori.
Cos’è cambiato tra ieri e le prime corsette post infortunio?
L’atteggiamento mentale: non mi sono concentrato sul possibile dolore della corsa ma sul fatto che ce la stavo facendo a correre.
I Blocchi mentali derivano da semplici inibizioni, da paure di soffrire. Il cervello non è in grado di sviluppare una determinata linea di pensiero, e mette in atto tutta una serie di comportamenti di difesa-autosabotaggio che ci allontanano dai nostri obiettivi.
Le principali cause sono:
Dolore;
Inesperienza;
Sfiducia nelle proprie abilità.
Per evitare di ricadere nel dolore già provato, nel dolore del fallimento per inesperienza o sfiducia nelle proprie abilità, il cervello si rintana nel suo equilibrio dicendo: “sto bene così-non fa per me”.
La paura del dolore, questa associazione dolore-attività ci fa inconsciamente tirare indietro.
Questa associazione con la paura del dolore vale per quasi ogni cosa, infatti non proveremo:
ad iniziare una nuova dieta dopo che una vecchia ha fallito;
a scalare una montagna per la stanchezza che proveremo durante la scalata;
a fare un esame orale dopo che un prof ci ha bocciato mille volte;
a chiedere di uscire con una ragazza per paura del celeberrimo due di picche – questo è più difficile da ammettere per l’orgoglio dei maschietti, ma è sempre così.
Consapevolezza
La consapevolezza è la base di ogni cambiamento.
Quante persone avete sentito scherzare tranquillamente sulla glicemia un po’ alta al posto di prendere seriamente in considerazione il rischio di diabete?
Il cervello è bravo anche ad autoconvicersi che il problema c’è, ma che noi siamo l’eccezione che conferma la regola- come i medici che fumano.
Scrivete da qualche parte delle attività che vorreste eliminare perché sentite che non vi fanno a pieno star bene(se non lo pensate ve lo dico io: fumare, non fare sport, stare ore e ore al telefono, ubriacarvi sistematicamente ogni weekend, rientrano tra queste.)
Il solo scriverle vi mette faccia a faccia con questi vostri “avversari”: è un duello per la vostra salute psico-fisico-relazionale che già era presente inconsapevolmente in voi, ma ora lo avete dichiarato apertamente. Tirarsi indietro vuol dire che nonostante abbiate tutti gli strumenti per abbattere i vostri blocchi avete paura della vostra ombra(o che siete dei felloni, per dirla in stile medievale).
Provate a cercare nel vostro passato, quando avete superato situazioni per cui non credevate di essere pronti o di cui avevate paura: trovate i punti di similitudine tra questo blocco e quello che avete già superato.
Soluzioni
Il nostro cervello associa dolore ad alcune attività? Bene, la soluzione è semplice, ma non facile-: associare emozioni positive a queste attività “dolorose”.
Bisogna procedere a piccoli passi: non guardare al problema nella sua interezza, ma scomporlo in piccole attività che prese singolarmente risultano facili.
Così, riprendendo gli esempi sopra:
cambiare un pasto alla volta al posto di cambiare completamente l’alimentazione, o provare la nuova dieta solo nei giorni pari;
focalizzarsi su un sentiero alla volta e non sull’intera montagna;
assistere ad ogni esame che il prof fa ci farà abituare a lui, pian piano saremo a nostro agio a sentire la sua voce tonante e l’esame andrà bene – se avrete studiato;
Cosa vi piace di quella ragazza? Associate l’uscita con lei a questo, non al fatto che possa rifiutarvi e chiedetele di uscire; inoltre procedete per piccoli passi: quando la vedete incominciate una volta a salutarla, una volta a scambiarci due parole e quando vi sarà più familiare rapportarvi con lei non avrete paura a chiederle di uscire.
Pensate a saltare un ostacolo alla volta, non all’intera corsa ad ostacoli.
Tratto da : “E’ il weekend che rovina i progressi”, “Una pizza alla settimana, senza mozzarella con le verdure”, “Un gelato si, ma alla frutta”, e altre tristi storie di insuccessi dietetici dal 1950 ad oggi.
Il pasto libero non è uno “sgarro”, ripeti ancora due o tre volte finché non ti entra in testa.
Questo perché, se vivi il pasto libero come uno sgarro o un’abbuffata, non potrai sfruttare i suoi vantaggi.
Cominciamo col dire che il pasto libero è parte integrante di qualsiasi dieta.
Il pasto libero devi inserirlo. Non andando avanti e lasciando che “ti capiti”. Questo sarebbe il modo sicuro per far fallire il tuo progetto Fitness. Devi inserire il pasto libero in maniera programmata.
D’altro canto non devi “sgarrare” o “abbuffarti”. Se per due giorni della settimana ti abbuffi e sgarri con dolci e porcherie, forse forse non stai migliorando il tuo Fitness.
“Una birra a settimana si, meglio se piccola e analcolica” lo lasciamo a chi non ne capisce nulla di fitness.
Perché inserirlo?
Devi sapere che, quando ti impegni in qualcosa come “seguire la dieta”, devi esercitare un minimo di controllo tramite la corteccia prefrontale (PFC per gli amici).
Il corpo è settato su ritmi ancestrali, sul caccia e mangia tutto ciò che puoi, che domani non si sa, il punto che noi viviamo a pochi passi da supermercati e ristoranti.
Quando passo davanti al mio pasticcere preferito e sento il tipico profumo di cannoli siciliani, non sono esente dal dover esercitare autocontrollo, dall’attivare la PFC e dire “ non puoi mangiare ogni giorno i cannoli se vuoi stare in salute”.
Per questo motivo, per seguire una dieta devi tenere attiva la tua corteccia prefrontale ed esercitare un minimo di autocontrollo.
E questo controllo non è gratis, lo paghi sotto forma di energia. Energia concreta, chimica, glucosio, ATP.
Fai finta la PFC che sia un serbatoio e si svuoti progressivamente nei giorni, inoltre, ogni volta che dici “no” alla pizza del weekend si svuoti di 1/3.
Quando il serbatoio sarà vuoto avrai un solo pensiero per la testa , 5 lettere e si fa a Napoli.
Inoltre, la PFC è la responsabile della “motivazione”, la forza che ti ha fatto iniziare la dieta, se la PFC è senza energia la motivazione a seguire la dieta scende nel tempo.
Riflessione: “Capite così che le persone che si mettono a dieta partendo dal togliersi completamente la pizza/dolci/ alcolici, stanno sbagliando tutto e falliranno”.
Se non inserirai un pasto libero nella tua dieta arriverai a fare questo:
cedere alle voglie e sgarrare
chiederti che senso abbia fare la dieta se hai sgarrato
smettere la dieta con frustrazione
La differenza tra sgarro e pasto libero è tutta qui, a calorie e nutrienti sono la stessa cosa, ma il pasto libero ha come effetto psicologico :”benessere e continuare la dieta”, lo sgarro ha :“frustrazione e abbandonare la dieta”.
Il pasto libero ben inserito è importante per prevenire ed evitare sgarri e abbuffate.
Foto stock di un Jedi che usa la forza per resistere al junk food
Cosa e quanto mangiare nel pasto libero?
Nel pasto libero non ci si deve “trattenere”, no alla mezza pizza o alla pizza senza mozzarella.
Trattenersi nel pasto libero significa esercitare autocontrollo e questo attiva ancora la PFC, mentre noi vogliamo darle sollievo.
Hai presente quando ti dicono “Mangia un poco di tutto”?
Ottimo, prendi quel consiglio e buttalo nel c… WC.
Il cibo spazzatura, il junk food è iper palatabile, tanti grassi, tanti carboidrati e tanto sale rendono il cibo super gustoso, rendendo più difficile sentirsi appagati con una piccola porzione.
Mangia quindi tanto di poco.
Come fare a mangiare quanto si vuole di quello che si vuole senza sembrar un cavernicolo ad un aperitivo?
Fame sensorio specifica
“C’è sempre spazio per il dolce” , avete già sentito questa frase, vero?
La fame sensorio specifica è quella fame che ci dirige verso un determinato gusto quando gli altri sono stati appagati.
Avete mangiato due pizze e vi reputate sazi, ma la cameriera chiede se volete il dolce ed ordinate un gelato.
Voi eravate sazi, ma sazi di pizza! Salato e croccante, ma non di dolce e cremoso(gelato)!
Per mangiare liberamente in un pasto libero ed esser a pieno appagati, senza aver le sembianze un cavernicolo all’aperitivo, dovete saziare più gusti(e consistenze) possibili con meno alimenti possibili.
Scegliete 2-3 alimenti che vi ispirano di più in quel momento, con gusti e consistenze differenti e mangiate quanto volete di questi.
Esempio : sushi(molle, freddo e salato) + crostata(croccante e dolce).
Di questi alimenti non limitare la quantità, inizia da uno e, quando sei sazio, passa all’altro.
Bene, hai scoperto che la sazietà verrà da sé , -e sai come sopravvivere ad un all you can eat!
Ogni quanto fare il pasto libero?
Consiglio vivamente di fare un pasto libero alla sera per 3 motivi :
Alla sera si è finito di lavorare e si è più rilassati
Se mangiate come detto sopra, non vi concentrerete mai nel pomeriggio
Sarà più facile tornare alla routine alimentare quotidiana (Dopo un pasto libero, con cibo iperpalatabile è facile andare a ricercare alimenti simili. Se lo fate alla sera no, perché andate a dormire).
Indicativamente 1-2 a settimana, uno nel weekend, quando si ha più possibilità di uscire con gli amici o aver cene di lavoro e uno a metà settimana indicativamente.
In base ai vostri obiettivi e alla vostra condizione potrete tendere a 2 se siete magri o avete come obiettivo aumentare di peso e su 1 se non siete in forma.
Ottimale sarebbe arrivare ad esser pienamente consapevoli dei vostri gusti e delle vostre voglie, non programmando il pasto libero ma inserendolo al momento giusto ascoltando il vostro corpo.
Se prestate attenzione a quello che corpo e mente vi comunicano, riuscirete a capire quando è il momento di fare il pasto libero.
Se avete già provato a fare una dieta, magari togliendovi i pasti liberi, avrete sperimentato sicuramente atteggiamenti come : “parlare tutto il giorno di un alimento che vorreste mangiare o di quanto sia buona la cucina x” oppure “ sognare di mangiare un certo alimento”.
Ecco, questi sono tutti segni che volete fare un pasto libero, ascoltatevi e , il giorno stesso o il giorno dopo che vi succede questo, fate il pasto libero col vostro alimento desiderato.
Conosci i tuoi gusti, ottimizza la tua dieta.
Il mio scopo da nutrizionista è rendere lo stare a dieta più semplice e sostenibile nel tempo.
Come prima è stato detto, stare a dieta richiede autocontrollo, esercitato tramite corteccia pre-frontale(PFC), se la PFC si stanca, a causa delle eccessive richieste, perdiamo motivazione in generale e abbiamo più voglie di cibo.
Ottimizzare una dieta significa ridurre il lavoro della PFC.
Se non si hanno chiari i propri gusti appena ci passerà davanti un qualunque dolce attiveremo autocontrollo e PFC.
Più sei consapevole dei tuoi gusti e preferenze alimentari, meno autocontrollo eserciterai e più sarà facile mantenere la tua dieta, composizione corporea e salute nel tempo.
L’autocontrollo dietetico dovrete esercitarlo sempre e per tutta la vostra vita: non viviamo in una caverna, ma in un mondo pieno di pubblicità di cibo, supermercati h24 e a casa abbiamo la dispensa ad un passo…
Se non si conoscono i propri gusti sarà più difficile esercitare autocontrollo.
Una voglia è da soddisfare se è specifica: se invece avete sognato un dolce tutta la notte non dovete esercitare autocontrollo, dovete mangiare il vostro alimento prediletto.
Avevate voglia di mangiare i biscotti prima d’aprire la dispensa per cercare il the verde?
La risposta è “no”, vi sono solo capitati sott’occhio dei biscotti, non avevate veramente voglia di quel cibo, passando oltre non richiederà molto sforzo di autocontrollo.
Altri casi potrebbero essere voglie di dolci generalizzate, generalmente causate dallo stress(sia psico che fisico).
Lo stress aumenta la ricerca di cibi contenenti sale e zuccheri, il cibo non vi aiuterà, è solo un palliativo per non affrontare il problema o scappare da esso; quest’abitudine è pessima, sarebbe molto meglio sostituirla con una camminata in mezzo alla natura(senza cuffie) o con degli esercizi di respirazione/rilassamento: dovrete essere consapevoli dello stressor che vi colpisce e non spegnerlo nel cibo.
Tutti questi accorgimenti mi permettono di avere ogni giorno i biscotti Krumiri nella dispensa senza che io li mangi, senza dover esercitare particolare autocontrollo; ne avrò voglia prima o poi, ma adesso non la ho, anche se sono i miei unici biscotti preferiti, a forma di baffo, di Casale Monferrato.
In hunger is not the problem, then eating is not the solution.
Ci sono “strategie” per il pasto libero?
Allenamento? Integratori?
No, relax e mindset.
Sappiamo bene che quando diamo tanti nutrienti al corpo è più facile che una parte di questi vada verso il grasso e non verso il muscolo.
Quando facciamo un pasto libero diamo più nutrienti al corpo, ma questo non vuol dire che si ingrassi, dipende da come li gestisce il corpo, dipende dal “partizionamento calorico”.
Per partizionamento calorico si intende la tendenza del corpo a privilegiare un tessuto o un altro come destinatario dei suoi nutrienti.
Nel nostro caso, un partizionamento calorico positivo è verso il muscolo e non verso il grasso; ossia i nutrienti che diamo al corpo vanno a rinforzare i muscoli e non a farci ingrassare.
Da cosa dipende il partizionamento calorico verso il muscolo e non verso il grasso?
Stress.
Emozioni e mindset.
Salute del tessuto muscolare.
Stress
Essere stressati fa aumentare i livelli di cortisolo e va a peggiorare il partizionamento calorico.
Lo stress, in natura, era un leone che ci attaccava, quindi il corpo attiva il cortisolo, aumenta la glicemia per dare al corpo zuccheri per correre veloce. Il cortisolo vuole salvarti e del partizionamento se ne frega.
Rilassati, non c’è alcun leone.
Prima di un pasto libero devi essere rilassato.
Per rilassarti devi curare respirazione e ambiente.
Respirazione.
Fai, prima del pasto libero, degli esercizi di respirazione, ecco qui una versione facile ed efficace, giusto 2 minuti:
talloni, sedere, scapole al muro
chiudi gli occhi
inspira spingendo fuori la pancia
trattieni il respiro finché puoi
ripeti 2-3 volte.
Ambiente.
Nei ristoranti di alta classe c’è musica soft, luce soffusa o a lume di candela, nei fast food chiasso e luce accecante.
Il fast food vuole che tu sia stressato, mangi, ti levi dal ca..tavolo, così che possa sedersi un altro e consumare.
In un ristorante chic ti vogliono coccolare, vogliono che tu possa rilassarti ordinando del vino con la tua dolce metà , la luce è soffusa cosi che voi dobbiate avvicinarvi per vedervi bene in viso e, così vicini, potrete anche sussurrare che vi sentirà solo lei.
Con questo voglio dire due cose:
Se vuoi fare una cena romantica vai in un ristorante tranquillo e a lume di candela
Nel tuo pasto libero devi ricreare le condizioni del ristorante di lusso, luce, musica, anche gli odori dolci e non pungenti.
Mindset
Ne abbiamo parlato ampiamente sopra.
Il pasto libero deve essere qualcosa di appagante, che ti faccia star bene , con gli altri e con te stesso.
Togli il telefono dalla tua vista e mettilo in silenzioso.
Qui ed ora, non pensare ad altro, ci siete tu, il tuo piatto preferito e chi ti sta attorno.
Il lavoro aspetta domani.
Focalizzati sul come stai, cosa stai provando, non su “dieta e sport”.
Fatti cullare dai sapori del tuo cibo preferito.
Allenamento e integratori
Ti alleni già tutta la settimana e bene, allenarti prima di un pasto libero è utile per il partizionamento dei nutrienti, ma mindset e stress sono molto più importanti.
Se il tuo workout è previsto per il giorno in cui fai il pasto libero, non ti serve questa strategia.
Vuoi ottimizzare il partizionamento dei nutrienti verso il muscolo?
Bene, con un mini allenamento trasformiamo un bisogno psicologico, una voglia, in un opportunità.
Facciamo così ricomposizione corporea, affamiamo il grasso e facciamo crescere il muscolo.
Ecco qua il tuo allenamento, punterà su pochi esercizi che coinvolgono molti muscoli:
1-2 ore prima del pasto libero
Esercizio di gambe : Squat a corpo libero. Fai 20-30 ripetizioni o fino a quando senti i muscoli bruciare.
Puoi fare in alternativa qualunque altro esercizio che coinvolga molti muscoli delle gambe(jump squat, affondi, 6 piani di scale a due a due ecc).
Esercizio parte alta del corpo : Push Up(flessioni) Fanne 5-10.
Puoi fare in alternativa qualunque altro esercizio che coinvolga molti muscoli della parte alta del corpo(trazioni, military press, rematore).
Ripeti 2-3 volte.
Cosa posso fare oltre all’allenamento?
Fare un piccolo snack.
Dare carboidrati e proteine al muscolo , prima o dopo l’allenamento fa si che il muscolo sia più recettivo verso i nutrienti che si daranno al pasto libero.
Quindi :
Idealmente prima del mini-workout, 10-20 g di zuccheri, da un cucchiaino o due di miele o 2-3 cucchiaini di nesquik o 1-2 frutti freschi o 1-2 cucchiai di frutta disidratata.
Proteine complete e/o aminoacidi.
Vanno bene quelle in polvere (10-20 g), magari aggiungendo 4-6 g di BCAA.
Così pure da yogurt o yoghurt greco (1-2 yoghurt).
(Questo micro-pasto ti aiuta anche a tenere a bada una fame troppo spinta.)
Caffè. Aumentando la produzione di noradrenalina aiuta con l’appetito ma anche a rendere il tessuto magro ancora più “pronto” all’ingresso dei nutrienti. 1 tazzina.
oppure Tè. Contiene sempre caffeina, e in più catechine. Migliora la sensibilità insulinica e quindi l’effetto “spugna” del tessuto magro. Meglio se verde, da foglie di qualità. 2-3 tazze.
Cannella. Stimola anch’essa la produzione di noradrenalina, ha effetto termogenico, vasodilatatore, e migliora la sensibilità insulinica (come il tè). 1 cucchiaino.
Aceto, meglio se di mele. Migliora il partizionamento dei carboidrati. 1-2 “shot” (25-40 ml).
Pepe. Aumenta gli effetti della noradrenalina e diminuisce la degradazione di caffeina e teofillina; favorisce l’assorbimento delle catechine. E di per sé migliora la sensibilità all’insulina. 1 cucchiaino.
Noce moscata. Ha azione di vasodilatazione, utile quando si sono create le condizioni per “direzionare” i nutrienti verso il tessuto magro (perché ne entreranno di più). 1-2 noci moscate… Intere!
Acqua.
Facile: assicurati di assumere 350-500 ml in 1-3 minuti nelle 1-2 ore prima del pasto libero.
Difficile: “esaurisci” tutta l’acqua della giornata prima del pasto libero e poi non bere più fino al giorno dopo. Questo è fattibile per pasti liberi serali, meno per pasti diurni.
Un buon consiglio in generale sull’acqua: se bevi troppo durante o poco dopo il pasto libero, ti sentirai come un pallone. Sarà meglio bere molto dopo. Quanto dopo? Te lo dirà la tua… Fame! Non sete. Riprendi a bere a grandi sorsate quando ri-hai lo stimolo della fame.
Cosa fare “il giorno dopo” il pasto libero?
Tornare alla routine quotidiana. No a digiuni o mangiare di meno solo perché si è mangiato di più il giorno precedente; ascoltate piuttosto la vostra fame: se avete meno fame mangiate di meno.
Se avete esagerato e vi sentite mollicci e addormentati, ecco dei consigli.
Quando “sbagli” il pasto libero, i muscoli risultano flaccidi e senza tono. I tuoi “punti critici” si riempiono di acqua ,ritenzione idrica. Ti senti addormentato, senza forze e con le borse sotto gli occhi.
Contrasta la ritenzione idrica. Al risveglio, aspetta lo stimolo della fame e BEVI. Bevi 750 ml – 1 litro di acqua (o più, se riesci) in 2-3 minuti. Riprenderai la tua usuale dieta dal momento in cui ti ritornerà la fame.
Ripristina la cara flessibilità metabolica, devi tornare ad utilizzare i grassi e non gli zuccheri. Un cucchiaino di cannella e uno-due tazze di the verde(ovviamente senza zucchero).
Più grassi da trasformare in energia: 1-2 cucchiaini di olio di cocco, 1-2 quadratini di cioccolato fondente (>70%) possono essere utili.
Potrebbe essere utile anche un caffè per contrastare l’addormentamento.
Come ogni fine estate, quando è il momento di “riprendere”* il percorso di fitness, mi ritrovo messaggi simili a questo :”Dottore, sono dimagrita/o in vacanza, eppure ho mangiato di più e non ho fatto sport, com’è possibile?”.
*Riprendere è virgolettato e con l’asterisco perché un percorso di fitness che si rispetti non comprende solo le fasi di “dieta”, “sport” e tutte le attività che alludono alla sfera semantica del “sacrificio” e della “privazione”.
Un percorso di miglioramento incentrato solo sul miglioramento fisico vedrà come nemico tutto ciò che sta tra il “pasto libero” e “le vacanze”, come un qualcosa che porta fuori strada.
Ed è per questo che questi percorsi son destinati, o a fallire, o far sviluppare l’ossessione della dieta(che non è un fallimento, ma una sconfitta completa, come i romani a Canne contro Annibale).
I piaceri, ricercati follemente dall’essere umano, quando vengono trascurati o proibiti alimentano il desiderio degli stessi all’inverosimile, fino a che non si cederà ad essi (oltre a bombardare il nostro sistema biologico a colpi di stress).
Il cambiamento vero, quello che dura nel tempo, passa per il miglioramento della salute psicofisica a 360 gradi; il soddisfare i piaceri ne è parte integrante, se non fondamentale.
Le vacanze si collocano qui, nei piaceri necessari dell’essere umano.
Dopo 11 mesi e due settimane di lavoro, due settimane di meritate vacanze, così da ridurre lo stress accumulato durante l’anno e prepararsi al nuovo anno lavorativo.
Si può migliorare il fisico in vacanza quindi?
Si, ne parlavo con mia zia giusto qualche giorno fa; lei, sperimentando la cosa, cercava di spiegarsela sul fatto che facesse un po’ di nuoto e mangiasse di meno per il caldo. Parliamoci chiaro, fare sport può influenzare se non ne facciamo mai durante l’anno e mangiar di meno per il caldo è sempre compensato dai gelati.
La causa per la riduzione dello stress.
Dovete sapere che lo stress, a dosi troppo alte e prolungate(quello che sperimenta ogni essere umano del XXI secolo ogni mese di ogni anno quando si sveglia e sa che dovrà imlantanarsi nel traffico per due ore al giorno) è uno dei peggiori nemici della salute e di conseguenza del vostro fisico. Quando è troppo alto peggiora la capacità del muscolo di captare i nutrienti e li veicola verso il grasso, inoltre aumenta le “voglie” di cibo spazzatura.
In vacanza ci si rilassa, si riduce lo stress, i muscoletti che avete allenato tutto l’anno si godono il riposo e, indovinate, vincono la gara del “chi acchiappa più nutrienti” contro il grasso.
Per questo in vacanza non si deve stare a dieta o seguire il programma di allenamento che seguite undici mesi e quattordici giorni durante l’anno; dovete rilassarvi, il fisico vi ringrazierà; per allenarvi avrete tempo.
“Ehhh, soffro di ritenzione idrica, quando mangio cose salate mi gonfio, quindi ho tolto il sale”
Ogni persona che soffre di ritenzione idrica.
No, no, no, no, no, cinque no, con questo sei, credo che bastino a farvi capire che il sale non è da togliere.
Il corpo ha bisogno di sale, è il principale minerale che regola la pressione sanguigna, quindi, se per esempio è estate, state sudando, bevete molta acqua e avete qualche giramento di testa, ecco, non vi serve il magnesio+potassio, vi serve il sale.
L’idratazione è sale+acqua, non potassio, non magnesio, non integratori multivitaminici per lo sport, acqua e sale.
Quanto sale serve? Ci sono tante belle tabelline che stimano il fabbisogno di sale, il massimo(6g), il minimo, però sono stime, non tengono in conto di chi siete e non tengono conto del rapporto acqua-sodio.
Se una persona beve un litro di acqua al giorno e prende 3g di sale, ok, è ben la metà dell’apporto di sale massimo consigliato, ma beve troppo poco, quindi il rapporto acqua sodio è sbilanciato.
1g di sale per ogni litro di acqua bevuto potrebbe essere un buon compromesso.
Potete calcolare quanto sale introducete con un diario alimentare e con tabelle di composizione degli alimenti e regolarvi col consumo di acqua di conseguenza.
Se mangiate alimenti naturali e poco ricchi di sale, vi accorgerete che l’apporto di sale è scarso, infatti il sale è presente soprattutto come conservante nei cibi industriali(pane, panificati,biscotti, conserve e affettati).
In questi casi è una buona idea mettere un pizzico di sale nella vostra bottiglia di acqua, pari a circa 1g di sale per ogni litri di acqua.
Cosa succede se si toglie il sale?
Il corpo regola la pressione con la concentrazione di sale nel sangue, se si toglie il sale, tra le tante, il corpo avverte una diminuzione pressoria e aumenta la “fame di sale”, ossia dirige l’alimentazione verso cibo contenente sale.
Sfortunatamente, come detto sopra, il cibo che contiene sale più facilmente reperibile è un panificato o un biscotto, in ambo i casi, non l’ottimale spuntino se si vuole restare in forma nel lungo periodo.
Capite quindi che, togliere il sale è, per citare Fantozzi, una corazzata Potemkin.
Sale e ritenzione idrica
Tornando alla citazione di inizio pagina, perchè il sale crea ritenzione idrica?
Il sale si concentra soprattutto nell’ interstizio, la zona acquosa tra le cellule e il sangue, e “trattiene acqua”, la lega a se e fa si che si crei ritenzione idrica.
Questo è fisiologico e l’effetto è trascurabile alle dosi normali di sale. A dosi più elevate o quando c’è uno squilibrio tra sale e acqua il corpo trattiene più sale, creando ritenzione idrica.
La fisiologia è complicata, il corpo è più di un contenitore in cui metti il sale e togli il sale, infatti, quando si riduce il sale dalla dieta, si attiva l’Aldosterone.
L’aldosterone è un ormone che viene secreto quando viene registrato che il corpo ha poco sale e ha come scopo aumentare la ritenzione di sale.
Questo vuol dire, più assorbimento intestinale di sale, meno escrezione di sale urinaria e massima ritenzione di sale nell’interstizio, creando ritenzione idrica.
Dovete pensare che il corpo vede la mancanza di sale come un pericolo, quindi, non appena la persona che ha tolto il sale dalla dieta, mangia un alimento salato, automaticamente tenterà di trattenerne il più possibile perché finalmente c’è il sale.
Il sale crea ritenzione idrica se non consumate il sale.
Consumando quindi il sale, entro i 6g giornalieri, cercando di stare vicini al rapporto 1g di acqua= 1g di sale, eviterete di sviluppare ritenzione idrica, eviterete inoltre di mangiare pane-cracker-biscotti, per la vostra “fame di sale”.
Un altro appunto.
Tra i vari ormoni attivati dalla mancanza di sale, c’è l’Angiotensina 2 che, quando prodotta in eccesso, riduce la capacità degli adipociti di rilasciare acidi grassi, rendendo molto più difficile il dimagrimento.